Contributo di Germano Nenzi

Laboratorio: VENICELAND

Il sottotitolo di “Veniceland” è “A Venezia è sparito il futuro”. Ed è questo che vogliamo far capire con il nostro lavoro.

Data la sua conformazione, Venezia è da sempre proiettata verso il futuro. Il suo inizio non fu facile ma i nostri antenati, affrontando il complesso ambiente sospeso tra terra e mare, seppero trovare uno straordinario equilibrio e l’incredibile risultato fu una città letteralmente piantata sull’acqua.

Così, mentre le altre città, allargandosi a dismisura e poi con l’avvento delle auto, hanno perso il collante che tiene insieme la collettività, Venezia ha mantenuto le sue caratteristiche ed è diventata il simbolo della città a misura d’uomo, il modello a cui le altre città devono tendere per recuperare l’attiva partecipazione degli abitanti, come vediamo nelle varie pedonalizzazioni dei Centri Storici.

E Venezia rimane un modello anche oggi: un modello in negativo, che ci sta portando verso lo svuotamento e la dissoluzione. Imputato è quello che io definisco il “turismo selvaggio”, ma non è il solo responsabile della situazione. Il processo viene da lontano: ben 130 anni fa Giacinto Gallina nella sua commedia “Serenissima” fa dire al protagonista:

“Za tuto finisse, tuto sparisse! I palassi più bei del mondo xe ne le man dei foresti o dei strassaroi refai… le antiche famegie xe andae squasi tute a patrasso… e chissà che anca nualtri no se ridusemo a dar spetacolo dela nostra miseria rancurando el soldeto che ne buta el foresto che ghe fa la tira ale nostre done…”

Questo è il punto: accanto ai “foresti” ci sono i “strassaroi refai”, cioè quelli che vivono a Venezia, che hanno contribuito a renderla un ibrido tra museo e parco dei divertimenti.

Abbiamo definito “Veniceland” una “tragicommedia farsesca”: è ambientata in una Venezia inventata ma che risulta più vera di quella reale. I veneziani sono ormai ridotti a fantasmi e il sindaco pensa di risolvere la situazione prima eliminandoli con una macchina assurda, chiamata “ghostaspirator” aspirafantasmi, e poi incaricando un’azienda di distrazione di massa ad assumere i veneziani come comparse.

Dopo un laboratorio teatrale tenuto da Margaret, dove ognuno manifestava a suo modo il disagio di vivere in una città devastata dai turisti, siamo partiti da un primo testo scritto da Margaret, Alberto e Adriana. Il testo poi è cresciuto e si è arricchito con il contributo di tutti i partecipanti. È diventato un testo apodittico, dimostrativo, dove i personaggi sono esemplificativi di quanto accade in città. Abbiamo due gruppi di quattro persone, uno composto di veneziani, l’altro di rappresentanti del potere.

Il gruppo di veneziani si suddivide tra quelli che sono rimasti “veneziani” e quelli che io chiamo “post-veneziani”, che vivono nel presente senza alcun rimpianto per il passato. Tra i “veneziani” c’è l’Affittacamere, che con la sua attività riesce a restare a Venezia e non è costretto a trasferirsi in Terraferma (o in campagna come ha suggerito qualcuno) e la Veneziana, che non riesce a condurre una vita “normale” nella città deturpata. Tra i “post-veneziani” c’è il Tassista, che si trova perfettamente a suo agio in una Venezia dominata dalle grandi navi, e Inbetween, che si dichiara veneziano solo quando ne ha la convenienza.

Il gruppo di rappresentanti del potere si suddivide tra quello direttivo e quello esecutivo. Tra i rappresentanti del potere direttivo c’è il Sindaco, emblema di una classe politica che ha contribuito fattivamente alla disgregazione della città, e la Direttrice dell’azienda chiamata “Faraway”, che condiziona le scelte del Comune a suo esclusivo vantaggio. Tra i rappresentanti del potere esecutivo c’è il Dirigente del Comune, che è critico nei confronti del Sindaco ma ne concretizza i piani, e l’Aspirafantasmi, che gira con la sua macchina per eliminare i veneziani ormai ridotti a fantasmi.

A sconvolgere le dinamiche dei due gruppi abbiamo introdotto un personaggio particolare, chiamato Spirito ribelle: è una specie di grillo parlante, è la voce della coscienza, è un folletto inafferrabile, che, parlando in versi, scopre e denuncia le ingiurie e le ferite subite dalla città.

“Veniceland” ha avuto tre incontri sperimentali e positivi con il pubblico, ma è un’opera tutt’altro che definita: è un laboratorio ancora attivo e in costruzione, che sta attraversando un momento di crisi e che per continuare ha bisogno di nuova linfa: per aderire non serve saper fare teatro ma voler fare teatro, serve considerarlo un impegno, direi quasi un servizio alla collettività. Mi rivolgo a tutti ma in particolare ai soci dell’Associazione, esortandoli a partecipare attivamente per concretizzare le finalità dello Statuto.