D’accordo: limitiamoci a quello che possiamo fare noi, non contiamo sull’amministrazione locale, ma magari estendiamo la proposta ad altri soggetti che si stanno adoperando in una direzione analoga e , se possibile, collaboriamo con loro.

 

Che forma operativa dare al nostro impegno? La proposta da cui siamo partiti è stata quella di rivolgerci ai turisti sensibili. In che modo? Forse creare un blog, con una redazione fissa e spazio a collaboratori esterni, sui temi della sostenibilità del turismo a Venezia. Dunque, in primo luogo i temi più presenti nel dibattito in città: le grandi navi, il moto ondoso, l’erosione dello spazio per gli alloggi stabili da parte della ricettività turistica. Su questi temi sono attivi in città comitati dedicati, ai quali sarà opportuno dare voce.

 

Accanto all’enunciazione dei problemi, qualche suggerimento per la visita. In prima approssimazione, suggerirei:

  • incoraggiare la visita lenta, anche in caso si visita abbastanza breve, perché l’oggetto straordinario sono la città e la laguna nel loro insieme, non tanto i luoghi emergenti (se non si capisce la città, difficile apprezzare San Marco e tanto meno Rialto).

  • fare l’esperienza della barca a remi (anche la gondola, perché no?);

  • farsi spiegare da guide affidabili la storia politica e artistica della città;

  • perdersi nel tessuto della Venezia minore, anche se non si è completato il giro dei luoghi obbligati.

 

Su quest’ultimo punto, però, mi sorge un dubbio. Per decenni si è cercato di decongestionare i luoghi più affollati promuovendo itinerari alternativi. In effetti, dal punto di vista del turista, la cosa è interessante. I turisti più avveduti non trascurano le aree marginali del centro storico. Ma questo porta un vantaggio ai residenti? Ci sono luoghi – sempre più rari, purtroppo - dove noi ci rifugiamo nei giorni più congestionati: l’Angelo Raffaele, Santa Ternita, e simili. Ma se consegniamo anche quelli ai turisti, a noi che cosa resta?

Questo dubbio si applica anche alle, non poche, attività artigianali e creative che fioriscono a Venezia. Andrebbero sostenute, facendole conoscere. Avete notato che si nascondono nelle calli secondarie, per evitare gli alti costi immobiliari dei percorsi più frequentati? Certo, però, poi ci rischiamo di trovarci le folle di turisti anche alla Giudecca e nelle callette parallele alla Strada Nuova…

 

Dovremmo aiutare il turista volenteroso a visitare la città con un’adeguata consapevolezza della sua storia e delle ragioni della sua singolare forma fisica.

Tutte le città sono uniche e, quando le si visita, conviene di cercare di capirle. Ma per Venezia questo è ancora più vero. Il turista apprezza la sua singolarità, ma, se non ricorre a guide professionali, non viene aiutato a coglierne la logica. L’offerta rappresentata dai musei civici è ricca, ma poco comprensibile al viaggiatore non particolarmente colto. Il Palazzo Ducale e il Museo Correr condensano molte informazioni sulla storia politica della Repubblica, ma non le espongono in modo comprensibile al turista medio.

Quasi tutte le città importanti del mondo hanno un museo dedicato alla città stessa, alla sua storia. Personalmente, ho una passione per questo tipo di musei. Venezia, che ha una forma e una storia così singolari, non ha un museo in cui si spieghi come è costruita, da che cosa nasceva la sua ricchezza, come funzionava (trasporti, approvvigionamento idrico, etc.). Oggi, in forma multimediale, potrebbe essere relativamente semplice fornire un’introduzione alla visita chiarendo questi dati essenziali.

Da qualche anno si parla di un Museo di Rialto, da realizzare negli ambienti di proprietà del Comune sopra la Pescheria. Potrebbe essere il luogo dove fornire al visitatore questo genere di informazioni. L’Associazione Progetto Rialto tiene viva questa proposta, con cui credo varrebbe la pena di collaborare.