LA CITTA' E' ARTE, L'ARTE SI FA CITTA'

L'arte come linguaggio di cittadinanza

L'arte non analizza la realtà, non risolve i problemi, non indica come dobbiamo comportarci. Nasce dal sentimento del mondo. L'energia vitale originaria che essa esprime illumina e vivifica lo spazio sociale, fa da sfondo alle relazioni e al dialogo, stimola il proliferare dei discorsi.

Oggi però la globalizzazione calcola il “valore estetico” dell'arte: mercificandola la banalizza, nega la forza sprigionata dall'unicità delle sue opere.

Altrettanto fa con i luoghi, le città, i paesaggi. Riducendoli a merce, li snatura, li priva del loro senso, deprime le comunità che li abitano e le condanna alla disgregazione (Venezia, metafora della mercificazione generale del mondo, da spazio di vita e relazioni, è ridotta a “oggetto in vendita”, la sua cittadinanza è espulsa e dispersa). 

Come superficiale reazione a ciò, si favoleggia di fantastiche radici, si diffonde in ogni ambito il bisogno, di distinzione e di primato: sono derive  pericolose, che portano comunità e nazioni a chiudersi, a contrapporsi: alla guerra di tutti contro tutti.

Al contrario, l'arte, educandoci all’unicità essenziale dei suoi oggetti, ci libera dalla schiavitù del vivere sempre in paragone a qualcosa. Ci sollecita all'apertura, all'universalità.

Arte e città possono vivere grazie a una nuova alleanza tra loro:

-L'arte può liberarsi dalla mercificazione che la divora ritrovando nella città la sua  naturale destinazione e lo spazio della propria fruizione. Tornando a essere cioè, a suo modo, linguaggio di cittadinanza.

- La città, per salvarsi dalla sua trasformazione in scenario estetico, e dalla  svendita, ha bisogno dell'arte, capace di rielaborare gli umori più profondi della comunità, che non sono traducibili in parola, perché attingono alle sue originarie esperienze emotive del   mondo.